LEZIONI SUI POTERI CONOSCITIVI NEL DIRITTO TRIBUTARIO – Lezione n. 10

Tempo di Lettura: 11 minuti

L’attività conoscitiva nell’interesse dell’ordinamento unionale e internazionale


 1. Premessa

Come abbiamo già detto,  le attività e i poteri che sono stati descritti in precedenza erano esclusivamente concepibili funzionali, secondo un’impostazione tradizionale, all’attuazione dell’interesse dello Stato (italiano) alla realizzazione del proprio sistema tributario, ossia alla osservanza degli obblighi e delle obbligazioni previste dalle leggi di ciascuno Stato che sono denominate “tributarie” perché finalizzate a garantire l’acquisizione dei mezzi (finanziari) destinati al finanziamento delle (proprie) spese pubbliche.

Questo stato di fatto e la concezione che sta alla sua base si sono molto modificati nel tempo e tale cambiamento si è realizzato con una velocità ancora maggiore negli ultimi anni.

La logica “territoriale” entro la quale veniva circoscritto il potere tributario è entrata in crisi per effetto di molteplici fattori.

I processi di globalizzazione hanno determinato, per un verso, l’indebolimento del potere statuale (ossia della sovranità di ciascuno Stato) così inducendo i singoli Stati a rafforzarsi e sostenersi a vicenda; per altro verso, hanno determinato l’emersione di soggetti che – pur se non dotati di personalità di diritto internazionale – hanno una capacità economica tale da renderli, in pratica, relativamente autonomi dai (e quindi meno sensibili ai) poteri di ciascuno Stato nazionale.

D’altra parte, l’assunzione fra i compiti propri di ciascuno stato anche (e soprattutto) di quello relativo al welfare ha reso molto elevate e difficilmente comprimibili le esigenze di finanziamento mediante tributi, anche perché la forma di finanziamento alternativa è costituita, essenzialmente, dall’indebitamento che, tuttavia, costituisce un elemento di vulnerabilità dello Stato, specie quando esso è acquisito dalle grandi istituzioni finanziarie globalizzate, cioè enti che coincidono con (o comunque sostengono) quei campioni della globalizzazione che svolgono un ruolo in qualche misura antagonista a quello dei singoli Stati (cosicché la posizione di tali istituzioni risulterebbe addirittura rafforzata dall’aumentare del debito).

L’insieme di questi fenomeni, dei quali si è appena abbozzato un quadro estremamente semplificato, ha condotto alla formazione di un complesso apparato normativo di fonte internazionale il cui obiettivo è quello di preservare l’interesse fiscale della comunità degli Stati nel suo complesso coinvolgendo ciascuno Stato (e, quindi, gli apparati di ognuno di essi) nell’attività protesa all’attuazione dell’interesse alla realizzazione del sistema tributario di altri Stati, ossia alla osservanza degli obblighi e delle obbligazioni previste dalle leggi di tali altri Stato che sono denominate “tributarie” perché finalizzate a garantire l’acquisizione dei mezzi (finanziari) destinati al finanziamento delle spese pubbliche proprie di tali altri Stati.

Ovviamente, il presupposto di questo apparato normativo è che l’interesse fiscale altrui (nel senso sopra indicato) sia concepibile e, di fatto, concepito quale interesse fiscale (anche) proprio o, per meglio dire, tale presupposto consiste nel riconoscimento dell’esistenza di un interesse comune alla comunità internazionale all’integrità dei sistemi fiscali di tutti.

L’apparato normativo che dovremo esaminare si compone di norme stratificatesi nel tempo e che recano chiaramente le tracce dell’evoluzione del sistema. In particolare, è evidente il progressivo intensificarsi della consapevolezza dell’importanza di tale interesse fiscale comune e della necessità della sua tutela.

L’elemento che maggiormente evidenzia questa evoluzione è rappresentato dal fatto che il sistema si è evoluto da un complesso di norme che regolavano situazioni giuridiche soggettive (e, per meglio dire, obblighi) a carico delle amministrazioni finanziarie di ciascuno Stato, a norme che direttamente regolano situazioni soggettive (e, in particolare, sempre obblighi) a carico dei singoli membri della collettività statuale.

Le norme di quest’ultimo tipo sono certamente quelle che, da un punto di vista concettuale e sistematico, rivestono, allo stato attuale, il maggior interesse per lo studioso.

Tuttavia, esse meritano di essere esaminate unitamente alle altre disposizioni che, nel nostro ordinamento, sono costitutive di obblighi di comunicazione (o, comunque, di obblighi finalizzati alla conoscenza dei fatti rilevanti per il diritto tributario). Inoltre, per poter meglio apprezzare il tasso di “novità” implicito in queste discipline più recenti, è comunque opportuno esaminare prioritariamente le disposizioni dell’ordinamento internazionale che disciplinano gli obblighi propri degli apparati statuali.

Rinviando alle prossime lezioni l’esame delle regole costitutive di obblighi direttamente in capo a membri delle comunità statuali, in questa lezione prenderemo in considerazione, pertanto, le regole costitutive di obblighi a carico degli apparati statali (ossia, nel nostro caso, a carico dell’Agenzia delle Entrate e della Guardi di Finanza).

Le principali, fra queste regole, sono contenute:

a)      nell’art. 26 delle diverse convenzioni bilaterali sottoscritte fra l’Italia e altri Stati al fine di prevenire l’evasione e le doppie imposizioni;

b)     nella direttiva 2011/16/UE che ha sostituito la 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977.

Quest’ultima direttiva costituisce, oggi, un testo assai articolato e complesso non solo perché contiene alcune fra le più rilevanti disposizioni costitutive di obblighi a carico dei consociati, ma anche perché le (originarie) disposizioni relative agli obblighi a carico degli apparati statuali sono state arricchite e integrate nel tempo. Cosicché, in questa sede, prenderemo in esame solo la direttiva 2011/16/UE e tralasceremo l’art. 26 delle convenzioni internazionali.

2.          La fattispecie costitutiva degli obblighi

L’interesse tutelato dalla direttiva 2011/16/UE e, quindi, dalle situazioni giuridiche soggettive costituite dalle relative disposizioni è desumibile sia dai Considerando, sia dagli artt. 9 e 18 della direttiva medesima.

Per quanto riguarda i Considerando, è sufficiente ricordare che, come abbiamo in precedenza segnalato, il 2° Considerando pone in evidenza la circostanza per cui uno «Stato membro non può gestire il proprio sistema fiscale interno, soprattutto per quanto riguarda la fiscalità diretta, senza ricevere informazioni da altri Stati membri»; il 3° Considerando fa discendere dalla precedente indicazione la conseguenza per cui è necessario dotare ciascuno Stato della «competenza necessaria per cooperare in modo efficace a livello internazionale al fine di ovviare agli effetti negativi sul mercato interno di una globalizzazione in continua espansione».

Si noti che, in questa formulazione, si parla, da un lato, di “competenza” con ciò volendo alludere, indirettamente, a ciò che in termini tecnico-giuridici, dovrebbe essere una “legittimazione” (intesa come eliminazione di un divieto) e che, come meglio vedremo, coniuga tale caratteristica con la ben più incisiva previsione di un obbligo; dall’altro, il riferimento alla globalizzazione che conferma quanto in precedenza evidenziato.

Per quanto attiene all’art. 9, par. 1, lett. a) della direttiva, occorre porre in evidenza come tale norma, nel disciplinare lo scambio “spontaneo” d’informazioni, ponga a base dello stesso l’esistenza di «fondati motivi di presumere che esista una perdita di gettito fiscale nell’altro Stato membro» il che conferma, appunto, che l’interesse tutelato è quello dell’integrità dei sistemi fiscali altrui, interesse che, come si è evidenziato, assume la consistenza di un interesse generale e comune di tutti e di ciascuno Stato membro.

Ma è, forse, l’art. 18 della direttiva la disposizione che maggiormente enfatizza la peculiarità della disciplina, nella misura in cui esso stabilisce che l’art. 17 (il quale disciplina le situazioni in cui lo Stato richiesto è esentato dal prestare la propria cooperazione) «non può in nessun caso essere interpretato nel senso di autorizzare uno Stato membro interpellato a rifiutare di fornire informazioni per il solo motivo che queste ultime non presentano alcun interesse per tale Stato». Il che rende evidente che l’interesse perseguito è, in via immediata, un interesse alieno che tuttavia, al tempo stesso, mediatamente assurge, proprio perché implica l’esercizio di poteri limitativi delle libertà dei consociati, anche a interesse ordinamentale dello Stato interpellato.

Per apprestare la tutela a siffatto interesse la direttiva pone a carico di ciascuno Stato alcuni obblighi (che esamineremo fra breve) la cui generale fattispecie costitutiva è individuata nella (potenziale) disponibilità da parte dello Stato (e dei suoi apparati amministrativi preposti all’attuazione dei tributi che la direttiva definisce come “autorità competente”) di «di informazioni prevedibilmente pertinenti per l’amministrazione e l’applicazione delle leggi nazionali degli Stati membri relative alle imposte» (art. 1).

Vi è, quindi, almeno secondo l’originaria impostazione degli obblighi in questione, una prima delimitazione: le informazioni suscettibili di circolare fra gli Stati non sono tutte quelle che potrebbero essere, per così dire, genericamente “desiderabili”, ma solo quelle “prevedibilmente pertinenti”.

Tale presupposto – che, secondo la ricostruzione qui prospettata, costituisce un elemento della fattispecie integrativa degli obblighi che saranno immediatamente esaminati – è rivolto (lo ripetiamo: in ossequio a un’impostazione tradizionale) a circoscrivere l’ambito di applicazione del dovere di cooperazione fra gli Stati, a renderlo, cioè, specifico e non generalizzato evitando, peraltro, possibili fishing expedition

La precedente affermazione è ulteriormente rafforzata da altre due disposizioni della direttiva.

Viene in rilievo in questo senso, da un lato, il già richiamato art. 17 ai sensi del quale il dovere di cooperazione sussiste solo nei limiti in cui «l’autorità richiedente abbia esaurito le fonti di informazione consuete che avrebbe potuto utilizzare, a seconda delle circostanze, per ottenere le informazioni richieste senza rischiare di compromettere il raggiungimento dei suoi obiettivi». In altri termini, la cooperazione è concepita, in questo contesto, come l’extrema ratio.

Sempre l’art. 17 prevede, altresì, che alcune esenzioni dal dovere di cooperazione prevedendo che esso non sussiste se le informazioni che dovrebbero essere messe a disposizione dello Stato richiedente, non potrebbero essere trasmesse da quest’ultimo allo Stato cui è diretta la richiesta. Si pone, cioè, una condizione di reciprocità.

Infine, l’art. 6 della direttiva prevede, in termini tuttavia piuttosto generici, un obbligo di motivazione che dovrebbe riguardare, oltre che la natura delle informazioni richieste, anche gli altri presupposti legittimanti la richiesta medesima.

3.          Le situazioni giuridiche soggettive

Come abbiamo più volte accennato, là dove sussistano le relative condizioni (o, meglio, le previste fattispecie costitutive), sorgono corrispondenti situazioni giuridiche soggettive consistenti nella legittimazione dell’autorità competente di uno Stato membro di richiedere talune informazioni e nell’obbligo dell’autorità competente di altro Stato membro di acquisire e trasmettere le informazioni richieste.

Al riguardo, dobbiamo in primo luogo ribadire che, da questo punto di vista, le regole qui considerate non modificano né le situazioni giuridiche soggettive dei singoli membri della collettività, né i poteri delle autorità competenti (nel nostro caso: dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza) nei confronti dei singoli membri della collettività (e neppure, ovviamene, le regole di esercizio di tali poteri e attività).

Se ne ha specifica conferma, innanzi tutto, dall’art. 31-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 che, nel recepire la direttiva 2011/16/UE, si limita a legittimare la cooperazione medesima «con le modalità ed entro i limiti previsti per l’accertamento delle imposte sul reddito» (art. 31-bis, co. 2) e ad escludere che la trasmissione di tali notizie costituisca violazione del segreto di ufficio (art. 31-bis, co. 6). In altri termini, la norma di recepimento della direttiva si risolve in una mera (ma per questo non meno importante) legittimazione all’utilizzo dei poteri previsti dagli artt. 32 ss. (secondo la disciplina in precedenza esaminata) anche nell’interesse di altro Stato membro. Il che non è, tuttavia, senza rilievo, perché conferma che la cooperazione con altro Stato non è ammessa in assenza di tale disposizione legittimante (o, comunque, al di fuori dell’ambito in cui opera la legittimazione).

Peraltro, nel medesimo senso dispone l’art. 17, par 2, della direttiva ai sensi del quale «La presente direttiva non impone allo Stato membro interpellato alcun obbligo di effettuare indagini o di comunicare informazioni, qualora condurre tali indagini o raccogliere le informazioni richieste per fini propri sia contrario alla sua legislazione». Il che, appunto, val quanto dire che nulla è innovato, per effetto della direttiva, nei rapporti fra amministrazioni finanziarie e contribuenti e questo in quanto la direttiva si limita a operare solo nei rapporti fra Stati membri.

In secondo luogo, come vedremo subito, la disciplina in esame, mentre è sempre costitutiva di obblighi a carico delle amministrazioni richieste, non è costantemente costitutiva di un effetto legittimante a favore dell’altra autorità (quella interessata all’acquisizione di notizie), perché, come avremo modo di rilevare, la disciplina dello scambio d’informazioni può prevedere anche meri obblighi legali (e, quindi, operanti senza necessità di un intervento dell’amministrazione competente).

4.          Lo scambio d’informazioni su richiesta

Secondo l’ordine delle disposizioni contenute nella direttiva, il primo obbligo che sorge a carico dell’autorità competente al verificarsi delle condizioni ivi previste consiste nella trasmissione e ricerca di informazioni.

Il primo aspetto da evidenziare è che, affinché nasca tale obbligo, è necessario che vi sia una richiesta specifica da parte dell’autorità competente di altro Stato membro. In questo senso, la richiesta si atteggia come vero e proprio diritto potestativo dell’autorità di altro Stato membro.

Il secondo luogo, è necessario porre in risalto che l’obbligo costituito dall’esercizio di tale potere di richiesta non ha per contenuto solo il trasferimento delle informazioni, ma comprende anche (e, forse, innanzi tutto) l’obbligo di ricercare le informazioni medesime, ossia di impiegare i poteri concessi dall’ordinamento interno di ciascuno Stato (cioè, nel nostro caso, dagli artt. 32 ss. del d.P.R. n. 600 del 1973) per acquisire le informazioni medesime.

Nel far questo, l’Agenzia delle Entrate (o la Guardia di Finanza) esercitano i medesimi poteri che l’ordinamento prevede in via ordinaria, con la particolarità – coerente con quanto si è detto a proposito dell’art. 18 – che, ai sensi dell’art. 6, par. 3, «l’autorità interpellata procede come se agisse per conto proprio o su richiesta di un’altra autorità del proprio Stato membro».

In altri termini, tutti i poteri che l’ordinamento interno appresta per il perseguimento dell’interesse all’integrità del proprio sistema fiscale proprio sono anche funzionalizzati, in virtù di tale disposizione (e dell’art. 31-bis che la recepisce nel nostro ordinamento), al perseguimento dell’interesse all’integrità dei sistemi fiscali di altri Stati membri.

Il che impone altresì di considerare – in quanto direttamente correlate e contrapposte a tali poteri – che le libertà inviolabili attribuite dal nostro ordinamento ai soggetti di diritto risultano comprimibili, nei limiti delle previsioni costituzionali, anche in funzione della tutela dell’integrità dei sistemi fiscali di altri Stati membri con un’estensione dei “fini “fiscali” contemplati, ad esempio, dall’art. 14 Cost. a un’area non originariamente prevista dalla nostra Costituzione.

L’obbligo in questione deve essere adempiuto, a testimonianza della vincolatività della prescrizione, entro termini predeterminati stabiliti dall’art. 7 della direttiva.

5.          Partecipazioni alle indagini amministrative e controlli simultanei

Gli artt. 11 e 12 della direttiva disciplinano due ulteriori forme di cooperazione fra autorità fiscali di diversi Stati membri.

Dobbiamo subito rilevare che, in questo caso, la disciplina di tali attività è formulata in termini, formalmente, meno cogenti di quanto non appaia immediatamente dalla formulazione dell’art. 5 della direttiva in materia di scambio di informazioni.

Tuttavia, sebbene sia previsto che tali attività (il cui contenuto sarà illustrato fra breve) conseguono a un accordo fra le diverse autorità, non si deve pensare che vi sia la possibilità effettiva di sottrarsi legittimamente alla conclusione di tali accordi.

L’agire delle amministrazioni competenti è, infatti, sottoposto al generale potere di controllo da parte della Commissione UE cosicché l’omissione di cooperazione, anche nelle forme “concordate” di cui agli artt. 11 e 12, è suscettibile di una valutazione negativa che, se non si risolve nell’applicazione di specifiche “sanzioni”, assume comunque rilevanza nell’ambito delle relazioni unionali.

Non casualmente, per quanto riguarda le verifiche simultanee, il rifiuto da parte di uno Stato membro di aderire alla richiesta formulata in tal senso dall’autorità di altro Stato deve essere “motivato”. Il che rafforza l’idea che non vi è un’assoluta libertà di aderire o meno alla richiesta.

Le attività contemplate dagli artt. 11 e12 consistono nella partecipazione dei funzionari di uno Stato alle attività di indagine amministrativa condotte dall’autorità competente di altro Stato nel proprio territorio e nelle verifiche simultanee.

La partecipazione alle attività di indagine amministrativa rappresenta un’ulteriore compressione del principio di territorialità in quanto legittima non solo la presenza nel territorio dello Stato di pubblici ufficiali di uno Stato estero, ma anche l’esercizio, da parte degli stessi, dei propri poteri nel territorio di altro Stato.

Infatti, la partecipazione suddetta non si risolve in una mera presenza passiva dei funzionari stranieri, ma comprende la loro legittimazione a porre in essere veri e propri atti d’indagine. L’art. 11, par. 2, della direttiva stabilisce, infatti, che «Qualsiasi rifiuto da parte della persona sottoposta ad indagine di rispettare le misure di controllo dei funzionari dell’autorità richiedente è trattato dall’autorità interpellata come un rifiuto opposto ai propri funzionari».

Da questo punto di vista, pertanto, la disposizione di cui all’art. 31-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 – ai sensi della quale «i funzionari esteri possono interrogare i soggetti sottoposti al controllo ed esaminare la relativa   documentazione» – costituisce anche una norma di “investitura” perché legittima i funzionari esteri all’esercizio di alcuni poteri altrimenti riservati all’Agenzia delle Entrate.

La disciplina delle verifiche simultanee di cui all’art. 12 della direttiva delinea, più specificamente, una base per il coordinamento dell’attività d’indagine propria di più autorità in relazione a soggetti la cui posizione fiscale, evidentemente, coinvolge e interessa più sistemi fiscali.

L’obiettivo, chiaramente, è quello di raccogliere, in un unico contesto, una più ampia gamma d’informazioni, suscettibile di essere scambiata, nel perseguimento del comune interesse alla verifica della posizione fiscale del soggetto medesimo.

6.          Lo scambio spontaneo

L’art. 9 della direttiva disciplina, infine, il c.d. “scambio spontaneo” di informazioni.

Quanto all’effettiva insussistenza di un obbligo, o meno, valgono le considerazioni svolte con riferimento alla partecipazione alle indagini amministrative e ai controlli simultanei.

Ancorché la disposizione non qualifichi la condotta come vincolata, si deve ritenere, in primo luogo, che il termine “spontaneo” non sia impiegato per indicare un comportamento “libero”, bensì per segnalare che la trasmissione di documenti e informazioni non è la conseguenza di una richiesta.

Questo, però, non esclude che si tratti dell’assolvimento di un dovere di cooperazione: anche dal punto di vista lessicale, infatti, l’art. 9 non stabilisce che l’autorità fiscale “possa” comunicare, ma prevede che essa “comunica” (in ogni caso) le informazioni di cui sia in possesso.

Il vero tratto distintivo rispetto allo scambio “su richiesta” consiste nel fatto che, oltre a mancare la richiesta espressa da parte dell’autorità competente di altro Stato, i casi in relazione ai quali lo scambio è attuato sono determinati in modo relativamente più specifico.

Non vi è la semplice valutazione di “possibile pertinenza” delle informazioni (nozione che presenta una significativa elasticità).

Piuttosto lo scambio deve aver luogo ogni qual volta l’autorità fiscale di uno Stato viene in possesso di talune informazioni che appaiono in modo più evidente rilevanti anche (o soltanto) per un altro Stato.

L’art. 9, par. 1, lett. a), della direttiva, individua comunque in modo generale tale condizione di rilevanza (i «fondati motivi di presumere che esista una perdita di gettito fiscale nell’altro Stato membro» cui abbiamo già fatto cenno. Le successive lett. da b) a d) non sono altro che specificazioni di questo criterio in quanto individuano specifiche situazioni che rendono attuale la possibilità di tale “perdita di gettito”.

7. Lo scambio automatico d’informazioni

In alcuni casi, infine, le informazioni devono essere scambiate in conseguenza di un obbligo legale.

Tale obbligo, tuttavia, è venuto a far parte di un più complesso disegno il quale comprende tanto obblighi a carico dell’amministrazione (lo scambio di informazioni e, al tempo stesso, l’obbligo di trasferimento del risultato della procedura d’interpello), quanto obblighi a carico dei singoli consociati.

Attesa la sostanziale appartenenza di queste regole a un sistema comune, ci sembra più corretto rinviarne la trattazione alla lezione dedicate a tale questione.

Vuoi salvare questo articolo e ricevere le prossime pubblicazioni direttamente sulla e-mail? Lasciaci il tuo contatto.

    Dichiaro di aver preso visione alla informativa sulla Privacy e acconsento al Trattamento dei Dati - Leggi INFORMATIVA PRIVACY