ANCORA SUL CRAM DOWN FISCALE E SULLE RELATIVE REGOLE PROCESSUALI

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Commento a Tribunale di Roma 31 maggio 2021


1. L’interesse della decisione

Il provvedimento in commento contiene l’espressa soluzione dei principali problemi interpretativi posti dalla novella dell’art. 180 l,f, ad opera della dell’art. 3, comma 1-bis, del d.l. 7 ottobre 2020 n. 125.

In particolare, il Tribunale ha assunto una posizione espressa – e, lo diciamo fin da subito, del tutto condivisibile – sia sul tema della decorrenza della novella, sia sulla sua applicabilità anche alle ipotesi in cui l’amministrazione finanziaria esprima voto negativo.

Inoltre, ed è questo che preme sottolineare, il Tribunale implicitamente risolve anche un importante dubbio procedurale derivante dalla nuova disciplina.

2. La decorrenza della nuova disciplina

Sulla prima questione, il provvedimento in commento consolida l’orientamento prevalente secondo il quale l’art. 180, comma 4, l.f. è norma processuale che, pertanto, si applica secondo il principio tempus regit actum.

Questa soluzione – che abbiamo più estesamente elaborato già all’indomani della novella (cfr. G. Fransoni, La nuova disciplina della “transazione tributaria” e la successione della legge nel tempo) – è certamente condivisibile ed è conforme a quella già adottata da altri tribunali.

Merita piuttosto segnalare che il provvedimento in commento, con lodevole precisione, si incarica anche di individuare quale sia il momento fino al decorso del quale (ovvero le fasi procedimentali in pendenza delle quali) è applicabile la nuova disciplina secondo il principio di diritto intertemporale prima indicato.

Sul punto, il provvedimento del Tribunale di Roma è esplicito nell’indicare che il c.d. cram down fiscale si applica fino a quando non «state concluse le operazioni di voto» (in perfetta conformità con quanto da noi sostenuto nel contributo prima citato.

3. L’applicazione anche in caso di voto contrario

Il Tribunale di Roma risolve anche la questione relativa alla applicazione dell’istituto disciplinato dall’ultimo periodo dell’art. 180, comma 4, l.f. alle proposte relativamente alle quali il voto dell’Agenzia delle Entrate non sia soltanto mancato, ma sia stato espressamente negativo.

Anche questo tema è stato affrontato in precedenza da alcuni tribunali e la soluzione di gran lunga prevalente è stata quella di equiparare la mancanza di voto al voto contrario.

Il provvedimento in esame conferma questo orientamento elencando gli argomenti sistematici che militano a suo favore, ossia: «il coordinamento sistematico con la disciplina del concordato minore di cui all’art. 80 CCII (dove vige il silenzio assenso e pertanto la dizione della norma non può che indicare il voto negativo espresso); l’identità degli effetti ai fini del calcolo delle maggioranze che nel concordato preventivo hanno il voto contrario e la mancata espressione del voto; la ratio sottesa alla modifica normativa, che è quella di “superare ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate, spesso registrate nella prassi” (così si esprime la Relazione Illustrativa del CCII) sia quando l’ente creditore non manifesti il voto o dilazioni oltre misura la sua risposta alla proposta ex art. 182ter l. fall. sia quando rigetti espressamente tale proposta e la soluzione negoziale della crisi prospettata dal debitore».

Anche sotto questo profilo, la decisione non può che essere condivisa.

4. Il procedimento

Infine, merita di essere segnalato il fatto che il Tribunale di Roma mostra di aderire alla proposta interpretativa già da noi avanzata (cfr. G. Fransoni, Trattamento dei debiti tributari e concordato preventivo: dal procedimento al processo, in Rass. trib., 2021, 304 ss. e Id., Cram down fiscale: aspetti sostanziali e processuali) circa le regole processuali da applicare in presenza di una proposta non approvata per mancanza (o contrarietà) del voto determinante dell’amministrazione finanziaria.

In particolare, diversamente da quanto ritenuto di recente dal Tribunale di Genova, il provvedimento qui annotato non ha, dapprima, considerato la proposta come “non approvata” ai sensi dell’art. 179 l.f. e, poi, in sede di giudizio camerale ai sensi dell’art. 162 l.f., operato direttamente il cram down.

Pur in mancanza di una chiara indicazione normativa in tale senso, il Tribunale di Roma ha ritenuto di aprire immediatamente il giudizio di omologazione ai sensi dell’art. 180, comma 1, l.f.

Inoltre, nel far ciò, esso non ha ritenuto già compiuto il giudizio di “convenienza” (in cui consiste il c.d. cram down), lasciando chiaramente intendere, al contrario, che resta «riservata [sul punto] una diversa valutazione all’esito del giudizio di omologa».

Si tratta, in altri termini, della soluzione interpretativa che abbiamo già indicato come quella più corretta – cfr. G. Fransoni, Cram down fiscale: aspetti sostanziali e processualiin quanto maggiormente rispettosa del tenore della norma e, soprattutto, del diritto al contraddittorio.

Una soluzione, peraltro, che sembrerebbe confermativa della circostanza che il c.d. cram down fiscale si atteggia come un mero giudizio di fatto all’interno del giudizio camerale disciplinato dall’art. 180 l.f.

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