LA RESPOSABILITA’ DELL’APPALTANTE PER LE RITENUTE DELL’APPALTATORE: IL NUOVO ART. 4 DEL D.L. N. 124 DEL 2019

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Commento alla proposta di emendamento all’art. 4 del d.l. n. 124 del 2019


1. Dalla sostituzione d’imposta all’obbligo di controllo

Nella ricerca di sistemi idonei a prevenire il pernicioso fenomeno dell’evasione “da riscossione” – in particolare, nel settore delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente – il d.l. n. 124 del 2019 ha (anzi, dovremmo dire, aveva) introdotto l’art. 17-bis del d.l. n. 241 del 1997 il quale disciplinava, con decorrenza dal 1° gennaio 2020, un’assai complessa forma di sostituzione d’imposta del committente nei confronti dei propri appaltatori e subappaltatori.

Tale disciplina poteva inquadrarsi nel contesto delle forme di sostituzione d’imposta sempre che, come crediamo corretto, si identifichi la sostituzione non con la ritenuta, ma solo con l’essere tenuto al pagamento del tributo “in luogo di altri” (come recita l’art. 64 del d.P.R. n. 600 del 1973).

Infatti, l’appaltante (o l’affidante) era tenuto al pagamento delle ritenute operate e dovute dal proprio appaltatore (o affidatario) e dai relativi subappaltatori.

Sotto un profilo teorico, la peculiarità di tale regime – che sembra essere destinato a non entrare mai in vigore – consisteva nel fatto che, in definitiva, l’appaltatore era un “sostituto del sostituto”.

Sotto il profilo pratico, l’aspetto maggiormente rilevante era la complessità del sistema e lo squilibrio che si veniva a creare fra tale macchinosità e il livello di responsabilità addossato all’appaltatore.

Non deve quindi sorprendere se, in sede di conversione, l’originario art. 4 del d.l. n. 124 del 2019 (e l’art. 17-bis del d.lgs. n. 241 del 1997 da questo introdotto) sarà, verosimilmente, completamente riscritto e sostituito dalla nuova formulazione contenuta in un emendamento proposto dai relatori.

Nella nuova versione dell’art. 17-bis, cit., gli appaltatori non assumeranno più il ruolo di sostituti, ma quello di controllori del corretto adempimento degli obblighi di sostituzione d’imposta di versamento delle ritenute applicabili e operate.

Il tutto sempre con decorrenza dal 1° gennaio 2020, cosicché appare difficile comprendere su quali basi la Relazione illustrativa del provvedimento affermi che tale disciplina sarebbe rispettosa delle previsioni dell’art. 3, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente.

2. Il contenuto dell’obbligo di controllo

Senza, ovviamente, scendere nei dettagli – la cui esposizione richiederebbe uno spazio ben maggiore – possiamo limitarci a illustrare lo schema generale della nuova disciplina.

Essa pone un complesso di obblighi in capo ai soggetti che rivestono la qualifica di sostituti di imposta ai sensi dell’art. 23 del d.P.R. n. 600 del 1973 (ed è bene notare che si tratta di una platea assai ampia) che utilizzano altre imprese (testualmente, solo se “consorziate”, ma è un profilo che meriterà di essere approfondito) per l’esecuzione di opere o la fornitura di servizi caratterizzati «da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente e con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo» per un importo contrattuale annuo superiore a euro 200.000.

Tali obblighi consistono

  1. nell’acquisizione di copia delle deleghe di versamento delle ritenute operate da appaltatori, subappaltatori e affidatari per verificare l’ammontare versato;
  2. nell’acquisizione, inoltre, di un complesso di informazioni volte a determinare se tali ritenute sono state correttamente quantificate e applicate;
  3. nella sospensione, in caso di esito negativo di uno dei due controlli precedenti, dei pagamenti dei corrispettivi maturati a favore di tali imprese fino ad un importo pari al 20% del corrispettivo contrattuale annuo complessivo ovvero all’importo (crediamo, se minore) delle ritenute che il committente ritiene non essere state operate o versate;
  4. nella comunicazione all’Agenzia delle Entrate dell’esito negativo dei suddetti controlli.

I predetti obblighi non sussistono rispetto ad alcune imprese reputate “virtuose” o “affidabili”, anche se il testo della norma non indica chiaramente se siffatta “virtuosità” debba essere verificata, com’è probabile, in capo sia all’impresa appaltatrice, sia a tutte le imprese subappaltatrici e, in caso di attività resa tramite un consorzio, in capo a tutte le imprese consorziate.

In caso di mancata ottemperanza all’obbligo di controllo e, nell’ipotesi in cui sia verificata un’insufficienza nell’applicazione delle ritenute o nel loro versamento, all’obbligo di sospensione del pagamento e di comunicazione all’Agenzia delle Entrate, il committente sarà soggetto a una sanzione pari a quella applicabile nei confronti del sostituto inadempiente.

3. Le criticità della nuova disciplina

Anche una sommaria lettura della nuova disposizione attesta che sarà necessario un cospicuo intervento “suppletivo” da parte dell’Agenzia delle Entrate, sia in sede di provvedimenti attuativi del suo direttore, sia in sede di circolari interpretative, per rendere concretamente operativo il sistema (il che rende ancora più dubbia l’appropriatezza e l’effettiva praticabilità della decorrenza del 1° gennaio 2020 e il rispetto dello Statuto del contribuente se si pensa che il termine di sessanta giorni, previsto dall’art. 3, comma 2, dello Statuto decorre dall’entrata in vigore della norma o, se successiva, «dall’adozione dei provvedimenti di attuazione»).

Basta pensare, in aggiunta ad alcuni dubbi cui si è fatto cenno nella sommaria illustrazione dei capisaldi della disciplina, all’ipotesi, tutt’altro che remota, in cui i dipendenti dell’impresa appaltatrice prestino la loro attività presso più committenti talché l’eventuale insufficiente versamento delle ritenute sia riscontrato da ciascuno dei committenti medesimi.

Sembrerebbe che, in questo caso, la sospensione dei pagamenti debba essere disposta da tutti i committenti, ciò che sembra costituire una conseguenza non pienamente rispettosa del principio di proporzionalità nonché idonea a determinare un pregiudizio assai significativo all’equilibrio economico e finanziario dell’appaltatore che (soprattutto nell’imminenza dell’entrata in vigore delle “procedure di allerta” introdotte dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) potrebbe recare nocumento anche agli stessi interessi erariali.

Senza considerare, poi, l’aggravio in termini di procedure e di costi derivante alle imprese committenti dall’imposizione di questi obblighi che costituiscono vere e proprie prestazioni personali imposte.

Ma, se si prescinde da queste considerazioni di ordine operativo, non si può omettere di rilevare che, assai probabilmente, la nuova disciplina, pur essendo certamente efficace e meritoria rispetto all’obiettivo di contrastare fenomeni certamente diffusi e nefasti, produrrà un incremento del contenzioso sotto almeno due profili.

Da un lato, non potranno mancare le controversie fra committente e appaltatore ogni qual volta quest’ultimo dovesse contestare al primo di aver indebitamente sospeso (in tutto o in parte) il pagamento dei corrispettivi. Mentre, infatti, l’omesso pagamento delle ritenute è un dato relativamente oggettivo, la non corretta applicazione delle stesse costituisce una circostanza maggiormente opinabile nel cui accertamento non possono certamente escludersi errori o divergenze di vedute. Si tratta di un contenzioso che, per giunta, sarà devoluto all’autorità giudiziaria ordinaria (sia in sede di azione esecutiva dell’appaltatore nei confronti dell’appaltante, sia in sede di eventuale azione risarcitoria) e che, quindi, comporterà la cognizione da parte del giudice ordinario di questioni rispetto alle quali egli non ha specifiche competenze.

Dall’altro lato, è assai concreto il rischio di un elevato contenzioso tributario originato dall’impugnazione degli atti di irrogazione delle sanzioni che l’Agenzia delle Entrate emetterà nei confronti dei committenti che dovessero essere ritenuti inadempienti ai loro obblighi di controllo e sospensione dei pagamenti.

Invero, a noi sembra che la criticità maggiore della disciplina prima indicata – la quale, giova ribadirlo, risponde a un’esigenza concreta e persegue una finalità assai apprezzabile – consiste nell’aver posto a carico dei committenti non solo la verifica dell’adempimento degli obblighi di versamento, ma anche il riscontro della corretta determinazione delle ritenute applicabili.

Un obbligo che – non risolvendosi in un’attività di controllo meramente “cartolare” – porrà i committenti, per così dire, fra l’incudine della sanzione amministrativa tributaria (peraltro di non lieve momento, potendo essere costituita dalla somma di quella per omesso versamento e di quella per omessa effettuazione delle ritenute) e il martello delle non meno rilevanti responsabilità contrattuali ed extracontrattuali derivanti dal possibile ritardo o inadempimento nei confronti dei propri fornitori.

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