L’INAPPLICABILITA’ AI CONTRATTI DI SOMMINISTRAZIONE DI MANODOPERA E DI DISTACCO DELL’ART. 17-bis DEL D. LGS. N. 241/1997

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1. Il problema

Uno fra i non pochi dubbi relativi alla disciplina di cui all’art. 17-bis del d.lgs. n. 241 del 1997 riguarda l’ambito oggettivo della sua applicazione.

Si è posto, cioè, il problema se tale disciplina – che, com’è noto, coinvolge il committente nell’attività di controllo del corretto adempimento degli obblighi di sostituti d’imposta da parte dei propri appaltatori, subappaltatori ecc. – sia applicabile anche ai rapporti di somministrazione di manodopera e di distacco.

La formula normativa, come sappiamo, è piuttosto generica facendo riferimento, oltre che ai «contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati» anche ai «rapporti negoziali comunque denominati». Quindi, almeno a una prima lettura, il dubbio sembrerebbe giustificato.

Esistono, però, molti elementi che, a nostro avviso, consentono di escludere l’applicazione di questa disciplina ai contratti di somministrazione di lavoro e al distacco.

2. La relazione illustrativa dei proponenti dell’emendamento.

Come avremo modo di evidenziare, i principali argomenti a favore della nostra tesi sono ritraibili dal testo normativo.

Gli atti parlamentari, invece, non forniscono indicazioni sufficienti. Tuttavia, ciò non vuol dire che essi siano del tutto irrilevanti.

Il nuovo art. 17-bis del d.lgs. n. 241 del 1997 è stato introdotto dall’art. 4 del d.l. 124 così come riformulato a seguito di un emendamento proposto in sede di conversione in legge del decreto.

L’emendamento è stato accompagnato da una nota illustrativa che si limita ad affermare che il regime delle ritenute «viene ora allineato a quello previsto, in tema di imposta sul valore aggiunto e introduzione del reverse charge, al comma 3 dello stesso art. 4». Si aggiunge, poi, l’ulteriore considerazione secondo cui «l’applicazione delle disposizioni in parola è ora limitata alle opere e ai servizi caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera – cosiddetti labour intensive».

Pur nella loro laconicità, queste due precisazioni contengono già talune indicazioni che, se non possono considerarsi decisive, sono comunque interessanti.

La prima è quella della omogeneità del campo di applicazione della disciplina relativa alle ritenute, di cui all’art. 17-bis contenuta nel comma 1, del citato art. 4, e di quella del reverse charge recata dal comma 3 del medesimo articolo.

Tale omogeneità è sottolineate due volte. La prima, allorquando si afferma espressamente che la disciplina dell’art. 4, comma 1, del d.l. 124 del 2019 è “allineata” a quella di cui al comma 3; la seconda volta quando si descrive sommariamente l’ambito di applicazione «delle disposizioni in parola». In questo secondo caso, l’uso del plurale implica, nuovamente, il riferimento tanto al comma 1 (in materia di ritenute), quanto al comma 3 (relativo al reverse charge).

Ora, da questo punto di vista, è opportuno notare che il comma 3 dell’art. 4 stabilisce espressamente che la relativa disciplina «non si applica alle agenzie per il lavoro disciplinate dal capo I del titolo II del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276».

Cosicché, assumendo che l’ambito di applicazione della disciplina di cui al neo-introdotto art. 17-bis del d.lgs. n. 241 del 1997 sia effettivamente coincidente con quello della nuova disciplina del reverse charge, si dovrebbe concludere – salvo ritornare fra breve sul punto – che la predetta esclusione, testualmente stabilita solo per il reverse charge, trova applicazione anche relativamente alla speciale disciplina delle ritenute.

La seconda specificazione contenuta nella relazione illustrativa che ci sembra opportuno valorizzare è quella secondo cui le nuove regole riguardano opere e servizi «caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera». In altri termini, stando a questa specificazione, la prestazione resa dall’appaltatore, subappaltatore ecc. si deve caratterizzare per il fatto di avere a oggetto l’esecuzione di un’opera o di un servizio la cui esecuzione richieda l’impiego, da parte del prestatore medesimo, di un prevalente utilizzo di manodopera.

Come si è anticipato, le due indicazioni appena illustrate non sono di per sé decisive. Tuttavia, esse risultano perfettamente coerenti con gli ulteriori argomenti che ci accingiamo ad esporre, i quali, pertanto, finiscono per rafforzarsi a vicenda.

3. Il differente oggetto delle prestazioni

Passando ai ben più decisivi argomenti fondati sul dato normativo, il primo di essi attiene alla diversità dell’oggetto delle prestazioni proprie dei contratti ricompresi nella sfera di applicazione della norma in esame rispetto a quello delle prestazioni proprie dei contratti di somministrazione e distacco.

In particolare, l’art. 17-bis, comma 1, risulta applicabile, secondo l’espresso tenore della norma, ai contratti «di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati» ove questi siano «caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera».

Questa formula indica chiaramente, a nostro avviso, che la “manodopera” costituisce un “elemento strumentale” per l’esecuzione della prestazione. In questo senso depone, infatti, il termine “utilizzo” dal quale si trae l’indicazione secondo cui la manodopera deve essere impiegata dal prestatore del servizio come mezzo (e, quindi, in funzione “strumentale”) per l’esecuzione della prestazione contrattualmente prevista.

Se si ha presente questo dato, emerge con chiarezza la differenza fra i contratti (comunque denominati) che ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 17-bis, cit. e quelli di somministrazione di manodopera e di distacco.

Quanto ai primi, la relativa definizione è contenuta nell’art 30 del d.lgs. n. 81 del 2015 ai sensi della quale «Il contratto di somministrazione di lavoro è il contratto […] con il quale un’agenzia di somministrazione […] mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti»

Il distacco è definito, invece, dall’art. 30 del d.lgs. n. 276 del 2003 il quale stabilisce che «l’ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa».

A prescindere dalle non trascurabili differenze esistenti fra le due fattispecie, è chiaro che, rispetto a entrambe, la manodopera non assume rilievo come elemento strumentale della prestazione oggetto del contratto, bensì è l’“oggetto” stesso di tale prestazione che si configura, in ambedue le ipotesi, quale “messa a disposizione” dei lavoratori dipendenti di un soggetto a favore di altro soggetto.

Esiste, quindi, una netta differenza nella natura e qualificazione dei rapporti negoziali indicati dall’art. 17-bis, cit. rispetto a quelli di somministrazione di manodopera e di distacco.

Peraltro, come accennavamo, tale differenza è coerente con le, pur laconiche, indicazioni ritraibili dalla relazione illustrativa all’emendamento che ha introdotto l’art. 17-bis, cit.

4. L’utilizzo di beni strumentali del committente

L’esclusione dei contratti di somministrazione di manodopera e di distacco dall’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 17-bis, cit. è ulteriormente desumibile dalla previsione secondo cui tale disciplina opera con riguardo ai «servizi di importo complessivo annuo superiore a euro 200.000 […] caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera […] con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma».

Correttamente intesa, la formula normativa indica, quindi, che l’esecuzione del servizio deve essere “caratterizzata” (oltre che dal prevalente utilizzo di manodopera, anche) dall’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente.

L’utilizzo dei beni strumentali del committente costituisce una modalità di esecuzione del servizio ricadente nell’ambito di operatività dell’art. 17-bis, cit.. Diversamente detto, l’utilizzo dei beni strumentali del committente deve essere riferito al prestatore e caratterizzare il servizio dallo stesso reso.

Se si muove, quindi, da tale considerazione, non si può che concludere che le prestazioni di distacco e di somministrazione di manodopera non integrano la fattispecie rilevante ai fini dell’applicazione della disciplina in esame perché esse non soddisfano tale requisito.

Il somministratore o il distaccante non utilizzano in alcun modo beni strumentali del committente per l’esecuzione della propria prestazione di servizio. Ciò in quanto la loro prestazione si esaurisce, secondo la ricordata definizione normativa, nella messa a disposizione del personale a favore del somministrato o del distaccatario. Sarà quest’ultimo che, nello svolgimento della propria attività, adibirà i dipendenti somministrati o distaccati all’utilizzo dei propri beni strumentali. Ma si tratterà di un impiego comunque effettuato dal committente e in alcun modo riferibile al somministratore o al distaccante.

5. La disciplina attuativa

Le precedenti indicazioni si coordinano appieno, inoltre, con le previsioni di cui al secondo comma dell’art. 17-bis, cit. che reca la disciplina attuativa della responsabilità prevista dal primo comma della medesima norma.

Tale disposizione prevede, com’è noto, che, «al fine di consentire al committente il riscontro dell’ammontare complessivo degli importi versati dalle imprese» appaltatrici, queste debbano trasmettere al committente alcuni dati consistenti, fra l’altro, in  «un elenco nominativo di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell’esecuzione di opere o servizi affidati dal committente, con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell’opera o del servizio affidato».

Questa disposizione, innanzi tutto, conferma espressamente che i dipendenti non sono meramente messi a disposizione, ma impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio affidati dal committente all’appaltatore.

In secondo luogo, la disposizione medesima si giustifica solo sul presupposto che il committente non conosca (o, comunque, non sia tenuto giuridicamente a conoscere) i dati che l’impresa appaltatrice ha l’obbligo di comunicare.

E ciò appare particolarmente significativo perché tale condizione di giuridica ignoranza non è mai, per definizione, riferibile all’impresa somministrata o distaccataria.

Nell’ambito dei rapporti di distacco o di somministrazione di manodopera la conoscenza da parte del somministrato o distaccatario dell’identità dei dipendenti somministrati o distaccati e del numero di ore di lavoro prestate costituisce un elemento strutturale e imprescindibile del rapporto.

Il che attesta, una volta di più, che i servizi che il legislatore ha inteso sottoporre alla specifica disciplina di cui all’art. 17-bis, cit., non ricomprendono quelli oggetto dei contratti di somministrazione e distacco.

6. La disciplina del reverse charge.

L’esame dei predetti dati normativi consente, adesso, di ritornare sulla disciplina del reverse charge di cui al comma 3 dell’art. 4 del d.l. n. 124 del 2019.

Come abbiamo detto in precedenza, la relazione illustrativa afferma con chiarezza che l’ambito oggettivo di applicazione dell’art 17-bis del d.lgs. n. 241 del 1997 e del reverse charge di cui al citato art. 4, comma 3, deve intendersi del tutto coincidente.

Si è anche accennato che il citato comma 3 esclude espressamente la somministrazione di manodopera (e, a fortiori, il distacco) dall’ambito di applicazione del reverse charge.

Conseguentemente, l’interprete è posto dinanzi alla seguente alternativa.

O perviene a una svalutazione dell’indicazione contenuta nella relazione illustrativa ritenendo che la predetta omogeneità non sussiste o sia solo parziale.

Oppure opta per la soluzione opposta, svalutando il carattere effettivamente prescrittivo della precisazione contenuta nel citato terzo comma dell’art. 4 e ritenendo che esso si limiti, per questa parte, a chiarire ciò che comunque deve reputarsi già implicito nel tenore stesso delle disposizioni in esame.

Se mancassero le indicazioni cui si è fatto cenno in precedenza, la soluzione corretta dovrebbe essere, verosimilmente, la prima.

La presenza dei dati normativi già indicati induce, invece, a preferire la seconda soluzione proprio perché essa risulta, al tempo steso, coerente con gli argomenti desumibili dalle formule normative e perfettamente coordinata con la relazione illustrativa.

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