Guglielmo Fransoni

Cram down fiscale: aspetti sostanziali e processuali

Commento a Tribunale di Genova, Sez. VII, Ufficio Fallimentare, 13 maggio 2021


1. I motivi di interesse della pronuncia

Il provvedimento del Tribunale di Genova che qui si commenta affronta – prevalentemente in modo esplicito, ma, in un caso, anche in modo implicito – tutti quelli che a noi sembrano essere i principali snodi interpretativi posti dalla nuova formulazione dell’art. 180, comma 4, l.f. nella parte in cui – a seguito della novella di cui 3, comma 1-bis, del d.l. 7 ottobre 2020 n. 125 – dispone l’omologabilità del concordato preventivo anche in assenza del voto determinante dell’Amministrazione finanziaria se la proposta concordataria si rivela essere maggiormente conveniente rispetto all’alternativa fallimentare.

In particolare, il Tribunale genovese si sofferma (i) sull’ambito temporale di applicazione della nuova disposizione; (ii) sull’oggetto del giudizio affidato, in tale caso, al giudice fallimentare; (iii) sulla applicazione del nuovo istituto anche ove il voto dell’Amministrazione finanziaria, anziché “mancare”, sia stato contrario e, infine, (iv) sulla struttura del procedimento attraverso il quale si giunge all’omologazione in assenza del voto determinante dell’Amministrazione finanziaria (ed è questo il punto rispetto al quale la scelta operata risulta solo implicita).

A nostro parere le statuizioni contenute nel provvedimento si rivelano tutte corrette, con l’eccezione dell’ultima che, invece, ci sembrerebbe meritevole (oltre che di essere esplicitata e argomentata, soprattutto) di un ripensamento.

Ma procediamo con ordine.

2. La decorrenza della novella

L’ordinanza affronta molto rapidamente il tema dell’ambito temporale di applicazione della nuova disciplina – che, per comodità espositiva, denomineremo, nel prosieguo, “cram down fiscale” – individuando, senza dilungarsi in soverchie giustificazioni, nel principio tempus regit actum la regola di diritto intertemporale alla quale fare rifermento.

In conseguenza di ciò, il cram down fiscale si applicherebbe a tutti i procedimenti ancora pendenti alla data di entrata in vigore della nuova disciplina.

Si tratta di una soluzione, a nostro avviso, corretta e rispetto alla quale avevamo già espresso adesione indicando anche le più articolate argomentazioni che consentono di giustificarla in pieno (cfr., G. Fransoni, La nuova disciplina della “transazione tributaria” la successione delle leggi nel tempo).

È tuttavia importante sottolineare che la posizione assunta sul punto dai giudici di merito si pone in contrasto con la differente indicazione fornita da Cass. SS.UU., n. 8504 deò 25.3.2021 la quale, muovendo dal presupposto per cui la novella del 2020 inciderebbe sull’individuazione del giudice cui è attribuita la giurisdizione per la tutela delle situazioni giuridiche incise dalla mancata adesione dell’Amministrazione finanziaria alla proposta di concordato, ha invece ritenuto applicabile la regola della perpetuatio jurisdictionis di cui all’art. 5 c.p.c.

Il diverso orientamento dei giudici genovesi – che pure mostrano di aver ben presente la sentenza delle Sezioni Unite – ci sembra del tutto coerente con la posizione dagli stessi assunta in ordine all’oggetto del giudizio e frutto di una più spiccata consapevolezza dei reali riflessi sistematici della novella.

3. L’oggetto del giudizio

La seconda questione affrontata dal Tribunale di Genova riguarda l’oggetto del giudizio che esso è chiamato a compiere ai sensi dell’art. 180, comma 4, l.f. nel caso in cui l’approvazione della proposta concordataria non sia intervenuta in ragione dell’assenza del voto favorevole e determinante dell’Amministrazione finanziaria.

Si tratta di una questione che, sebbene sia stata qui affrontata solo incidentalmente e quale nodo da sciogliere in guisa di premessa alla corretta soluzione della questione successiva, riveste comunque un ruolo centrale e una portata decisiva ai fini dell’inquadramento complessivo dell’istituto.

Non sorprendentemente, quindi, è questa la parte più interessante e innovativa del provvedimento in esame. Il Tribunale, pur richiamandosi al precedente costituito dalla già citata sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 8504 del 25 marzo 2021, ne opera un sostanziale superamento nella misura in cui esclude che tale giudizio attenga tanto all’atto, quanto al rapporto.

Il Tribunale premette, infatti, che l’individuazione del giudice munito di giurisdizione operata dalle Sezioni Unite «è discriminante […] anche in punto di sindacato in concreto esercitabile», per concludere, da un lato, che al giudice ordinario fallimentare (al quale anche le Sezioni Unite attribuiscono la giurisdizione) non può ritenersi demandato né il giudizio sulla legittimità dell’atto (a tutela vuoi di interessi legittimi, vuoi di diritti soggettivi), né quello di accertamento del rapporto giuridico obbligatorio eventualmente esistente fra Amministrazione finanziaria e contribuente e delle situazioni giuridiche soggettive in esso implicate; dall’altro lato, che «all’AGO non può quindi che essere rimesso il vaglio sulla maggior convenienza della proposta concordataria rispetto all’alternativa liquidatoria, da valutarsi sulla base delle risultanze della relazione del professionista attestatore e di ogni altro elemento acquisito al procedimento».

In questa prospettiva, pertanto, risulta evidente che il giudizio da compiersi ai sensi dell’art. 180, comma 4, l.f. ai fini del cram down fiscale appare, per un verso, escluso dal genus della giurisdizione contenziosa e pienamente incluso, invece, in quello della giurisdizione camerale in senso stretto.

Un giudizio, quindi, che, sebbene idoneo a “incidere sui diritti”, non “decide dei diritti”.

Si tratta di una soluzione che non può che trovarci d’accordo essendo del tutto conforme alla tesi esposta in G. Fransoni, Trattamento dei debiti tributari e concordato preventivo: dal procedimento al processo, in Rass. trib., 2021, 304 ss.

Merita sottolineare che l’inquadramento proposto, oltre che per la sua coerenza “interna”, si segnala per essere del tutto in linea sia con la soluzione adottata nel medesimo provvedimento per ciò che riguarda la norma di diritto intertemporale applicabile – essendo evidente che la novità legislativa, così ricostruita, non incide in senso proprio sulla giurisdizione e non può essere ricondotta all’art. 5 c.p.c. (contrariamente a quanto ritenuto dalle Sezioni Unite), ma proprio ed esclusivamente al principio tempus regit actum – sia con quella elaborata in relazione al problema, che ci accingiamo ad esaminare, del senso in cui deve essere intesa l’espressione “mancanza di voto” nel contesto dell’art. 180, comma 4, l.f.

4. L’applicazione del cram down fiscale anche alle ipotesi di voto negativo

La parte principale del provvedimento del Tribunale di Genova è dedicata al tema della possibilità di applicare il cram down fiscale anche ai casi di voto negativo (e non solo a quelli, testualmente richiamati dall’art. 180, comma 4, l.f., di “mancanza di voto”).

Al riguardo, il Tribunale passa doverosamente in rassegna le diverse tesi avanzate in dottrina e in giurisprudenza per giungere alla conclusione che il cram down fiscale è applicabile sia nelle ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria è rimasta inerte limitandosi, semplicemente, a far mancare il proprio voto, sia in quelle in cui, al contrario, essa ha espresso voto contrario all’approvazione del concordato.

L’argomento principale impiegato per giustificare tale soluzione è che essa appare quella più conforme alla ratio della norma.

Si tratta di affermazione senz’altro condivisibile alla quale, peraltro, si può aggiungere che essa appare altresì la necessaria conseguenza della ricostruzione dell’istituto quale emerge dal complesso del provvedimento.

Invero, non può farsi a meno di sottolineare che, muovendo dai presupposti interpretativi che il Tribunale fa propri, non vi è spazio per distinguere il caso dell’inerzia da quello del voto contrario giacché, una volta che si assuma che (a) il giudice fallimentare è stato autorizzato dalla norma a sostituire il proprio giudizio a quello dell’Amministrazione finanziaria e (b) che, nell’esperire tale giudizio, si deve aver riguardo solo alla maggiore convenienza, appare, allora, impossibile ritenere che il caso del voto contrario possa essere trattato diversamente da quello della mancanza del voto medesimo.

Se, infatti, si tengono fermi i due principi enunciati sub (a) e (b) – e, a nostro parere, non si può fare diversamente – allora una diversa conclusione risulterebbe il prodotto di quella fallacia argomentativa che va sotto il nome di “circolo vizioso” il quale si verifica allorquando alla domanda “perché A deva essere trattato diversamente da B?” si risponde “perché A non è B”.

Il che sarebbe esattamente ciò che avverrebbe nel nostro caso, in quanto, una volta che si muova dai ricordati presupposti, l’unica risposta possibile all’interrogativo circa le ragioni per le quali il voto contrario dovrebbe essere escluso dal cram down fiscale, diversamente dalla mancanza di voto, non potrebbe consistere in altro che nel tautologico rilievo che il voto contrario è diverso dal voto omesso.

L’inaccettabilità – sul piano logico e giuridico – di una simile giustificazione non può che condurre all’individuazione dell’unica soluzione ragionevole in quella opposta, cioè quella della equiparazione, ai fini del cram down fiscale, delle due fattispecie.

5. Le fasi processuali

Dal provvedimento del Tribunale di Genova emerge che, una volta constatata la mancata approvazione della proposta, si è proceduto come segue:

  1. ai sensi dell’art. 179, comma 1, l.f., il Tribunale, ricevuta l’indicazione della mancata approvazione da parte del giudice delegato, ha fissato l’udienza per “provvedere a norma dell’art. 162, secondo comma”;
  2. tale udienza è stata comunicata al debitore;
  3. il debitore è stato sentito in camera di consiglio;
  4. il Tribunale ha ritenuto, all’esito della camera di consiglio, applicabile il cram down;
  5. quindi, esso ha proceduto, ai sensi dell’art. 180, comma 1, l.f., a fissare l’udienza per l’omologazione;
  6. nonché ha disposto la pubblicazione del provvedimento di fissazione dell’udienza ai sensi dell’art. 17 l.f. e la sua comunicazione, a cura del debitore, al commissario e ai creditori dissenzienti.

Ora, si deve partire dalla constatazione che, effettivamente, la legge fallimentare prevede solo i casi della proposta approvata (art. 180 l.f.) o della proposta non approvata (art. 179 l.f.) mentre nulla dispone, sotto il profilo dell’iter processuale, relativamente al caso della proposta non approvata ma suscettibile di essere comunque omologata a seguito del cram down.

Nel silenzio del legislatore, il Tribunale di Genova ha operato un “adattamento” della disciplina della proposta non approvata che non è, ovviamente, inaccettabile in sé.

Tuttavia, a nostro avviso, premesso che qualsiasi soluzione comporta alcune forzature rispetto alla disciplina vigente, la soluzione prescelta non sembra essere quella sistematicamente preferibile.

Innanzi tutto, vi è un dato formale: a stretto rigore, il cram down fiscale è collocato nel contesto del giudizio di omologazione, così come è reso palese: (a) dalla collocazione dell’istituto nell’ambito dell’art. 180 l.f., cioè della norma espressamente dedicata al giudizio di omologazione; (b) dalla formula impiegata. A quest’ultimo riguardo occorre evidenziare che il quarto comma dell’art. 180 l.f. non statuisce che il Tribunale ammette al giudizio di omologazione la proposta non approvata che superi il giudizio di cram down, ma stabilisce tout court che il Tribunale “omologa” la proposta se applica il cram down, con ciò sembrando indicare che tale istituto trova spazio direttamente nel giudizio di omologazione.

Vi è, tuttavia, una ragione sostanziale a nostro avviso decisiva per l’adozione di una soluzione diversa da quella seguita dal Tribunale di Genova ed è che, pur dovendosi condividere, secondo il nostro punto di vista, la tesi dallo stesso proposta secondo cui il cram down non è un giudizio che “decide dei diritti”, non è meno vero che esso incide significativamente sugli stessi e, quindi, vi dovrebbe essere ampio spazio per il contraddittorio.

In particolare, risulta difficile considerare che l’Amministrazione finanziaria, specie quando essa assuma la veste di creditore dissenziente, come nel caso in esame, non possa partecipare al giudizio che, potenzialmente, si conclude con il cram down al fine di far valere, in contradditorio con le altre parti, le ragioni che, secondo il suo punto di vista, militano in tale direzione.

Ma, a ben vedere, non si dovrebbe poter escludere dalla partecipazione a questo giudizio neppure “qualsiasi interessato” ossia quei soggetti che sono legittimati a partecipare al giudizio di omologazione ai sensi dell’art. 180, comma 2, l.f.

Peraltro, ci sembra anche non del tutto convincente l’ulteriore conseguenza che deriva dall’accoglimento della soluzione prescelta dal Tribunale di Genova, cioè che la decisione del Tribunale in ordine al cram down sia non reclamabile alla stregua di quanto è, invece, espressamente previsto per il provvedimento contemplato dall’art. 162, comma 2, l.f.

In base alle considerazioni che precedono, ci sembrerebbe preferibile, pertanto, una soluzione che collochi direttamente il cram down fiscale nel contesto del giudizio di omologazione, di talché la valutazione della maggiore convenienza della soluzione concordataria risulterebbe ricompresa nell’ambito delle varie questiones facti che il giudice deve risolvere al fine di omologare la proposta.

È chiaro, naturalmente, che questa soluzione implica, a sua volta, una qualche “forzatura” dell’art. 180, comma 1, l.f. perché ivi si fa menzione solo della proposta approvata, là dove, secondo la proposta interpretativa qui formulata, il giudizio di omologazione si estenderebbe anche alla proposta non approvata per effetto della sola mancanza del voto determinante dell’Amministrazione finanziaria.

Ma ci sembra che fra le forzature comunque inevitabili, come abbiamo già detto, quella proposta conduca a risultati maggiormente in linea tanto con la formulazione dell’art. 180, comma 4, l.f., quanto, e soprattutto, con la tutela del contraddittorio e, in generale, dei diritti di difesa dei soggetti rispetto ai quali è destinato a esplicare effetti l’esito di quella valutazione che, per motivi di sintesi espressiva, continuiamo a denominare cram down (per ulteriori considerazioni al riguardo, ci permettiamo di rinviare, ancora una volta, a G. Fransoni, Trattamento dei debiti tributari e concordato preventivo: dal procedimento al processo).

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